Poniamo il caso che un giudice debba occuparsi di un ologramma, o meglio di una sua parte. C’è un signore che ne rivendica la proprietà, un altro signore che si oppone, dice che è sua. Come fa il magistrato a individuarne l’inizio e la fine e a scoprire chi ha ragione? Si trova a decidere di un’entità digitale, non potrà seguire soltanto l’ordinamento giuridico: dovrà affidarsi alle regole della tecnica. Ed ecco che queste ultime trovano una fenditura, una crepa per insinuarsi tra le leggi dello Stato. Nella società digitale, nello «sciame» in cui siamo immersi secondo il filosofo sudcoreano Byung-chul Han — tra opere d’arte che diventano Nft e algoritmi che decidono vacanze, lavoro e perfino sentimenti — è inevitabile che la tecnica rischi di prendere il sopravvento rendendo il diritto simile a quegli animali impagliati appesi come trofei alle pareti...