
Partendo dai temi del suo nuovo saggio Il crepuscolo dell’umano (Edizioni Cantagalli), Falsitta analizza l’intreccio tra tecnica e capitalismo, individuando nella loro alleanza il nucleo della crisi antropologica contemporanea. «Il pensiero tecnico – afferma – si è reso autonomo, fino a trasformare l’uomo da soggetto che lo amministrava in oggetto amministrato. Quando la tecnica non avrà più bisogno di essere pensata, inizierà la notte, il crepuscolo.» Di seguito il testo integrale dell'intervista.
l problema sta nella tecnica stessa, nel suo dominio, che ci sta conducendo verso quello che Vittorio Emanuele Falsitta — in un saggio appena uscito per Cantagalli — chiama Il crepuscolo dell’umano.
«Il pensiero tecnico/scientifico si è evoluto per lungo tempo senza subire contaminazioni: eroicamente ha proceduto a dis-velare il mondo, a mostrare la verità», spiega Falsitta a Panorama. «La persistente contiguità con l’ideologia capitalista (la ricerca senza finanza non produce tecnologia, e senza tecnologia non si producono ricavi) ha determinato contaminazioni essenziali tra i due pensieri, sicché la tecnica ha perduto la sua purezza: il suo scopo, oggi, non è più (soltanto) una missione ascetica, disincantante. Lo spazio tra laboratorio e mercato è quasi scomparso. Il vero che deve essere tratto dall’ignoto è il vero che può produrre ricavi; l’altro vero, se non produce ricavi, può restare nell’oblio. I due pensieri si sono intrecciati e da questa mescolanza è fuoriuscito un nuovo pensiero, che tende a emanciparsi dall’uomo. Si sta rendendo autonomo, al punto che l’uomo, da soggetto che amministrava la tecnica (e con la tecnica modificava il mondo per liberarsi dai vincoli della natura), diviene, minacciosamente, oggetto amministrato. Alimento. Cibo. Il problema che pone l’agire della tecnica, nel senso anzidetto, non è fuori dall’uomo (come sempre è accaduto) ma dentro l’uomo, e persegue scopi diversi da quelli dell’uomo. Vuole assoggettarlo. E quando essa, la tecnica, non avrà più bisogno di essere pensata, allora sarà l’inizio della notte, il crepuscolo.»
Il capitalismo selvaggio, per il filosofo, è una «ideologia economica soprattutto predatoria», la quale mira a «conseguire profitto e ridurre i costi con ogni mezzo, anche illecito (corruzione, evasione fiscale, eterogenee forme di abuso, asimmetria informativa, non pagare adeguatamente i salari, ecc.). Sarebbe sufficiente eliminare queste escrescenze per cambiare profondamente le cose, e credo che, per la prima volta nella storia, questo risultato sarebbe possibile proprio utilizzando la tecnologia.»
Secondo Falsitta, nell’alleanza tra capitalismo e tecnica si nasconde il progetto dell’uomo di sostituirsi a Dio. Questa alleanza, spiega, «ambisce a una sacralità infinita e faustiana; ambisce a proporre una transustanziazione tecnica. L’opera tecnica diviene opera sacra e, in quanto tale, offre escatologie e soteriologie prêt-à-porter. La ragione della volontà del sacro, infatti, ancora una volta, è commerciale: occupare lo spirito significa accedere a un mercato (offrire un campionario di pensieri spirituali pensati) decisamente potente.»
Dove sta allora una via di uscita possibile? «La mia idea», risponde Falsitta, «è che la soluzione non sia nell’“ammaestrare” la tecnica: è impossibile. Essenzialmente essa non può tollerare alcuna limitazione. Il pensiero tecnico ha per scopo la produzione di scopi, indifferenziatamente. La riflessione, piuttosto, deve essere sul capitalismo, del tutto degenerato, sfigurato, al quale facevo riferimento. Al riguardo, ecco il punto: la tecnologia, con le sue risorse preziose (penso alle moltiformi applicazioni della tecnologia blockchain, ai contratti intelligenti, ecc.), consentirebbe di eliminare dal capitalismo tutte le esternalità sociali negative. Ovvero modificarlo. Il capitalismo modificato, a propria volta, avrebbe l’effetto di ripristinare l’equilibrio, il senso delle distanze; avrebbe l’effetto di comprimere quella avidità meticcia e ipertrofica che ha alterato il significato della civiltà.»
Ma è davvero possibile e soprattutto sufficiente un cambiamento di questo tipo? Per certi versi, Falsitta sembra seguire la via che anche Karp intende battere. Entrambi sembrano proporre una sorta di mitigazione dell’attuale sistema attraverso il recupero di valori tradizionali a cui finora è stata dichiarata guerra. Forse hanno ragione, ma il timore è che sia troppo tardi. E, soprattutto, che la tecnica non sia mitigabile. Il sistema tecnico può anche cambiare padrone, ma noi rimaniamo sempre schiavi.
Intervista contenuta nell'articolo "Utopia tecnologica infranta" di Francesco Borgonovo, pubblicato su Panorama il 5 novembre 2025
(Parziale riproduzione con gentile autorizzazione dell’Editore)
